La nuova legge di bilancio colpisce duramente le plusvalenze sulle criptovalute, ma gli ETF continuano a offrire una via di fuga con aliquote al 26%
Il governo ha ufficialmente introdotto all’interno della nuova legge di bilancio un’importante modifica alla tassazione delle criptovalute, prevedendo un aumento dell’aliquota sulle plusvalenze dal 26% al 42% a partire dal 2025.
Le nuove regole prevedono che le plusvalenze superiori ai 2.000 euro saranno soggette a questa imposta, penalizzando soprattutto i giovani investitori, molti dei quali sono sotto i 40 anni. Secondo una ricerca recente, circa 3,6 milioni di italiani possiedono cripto-asset, e il settore ha generato un indotto di 2,7 miliardi di euro, con una crescita dell’85% rispetto all’anno scorso.
Nonostante l’aumento della tassazione diretta sulle criptovalute, c’è un’alternativa che continua a offrire condizioni favorevoli: gli ETF e altri strumenti derivati su cripto-asset, che rimarranno tassati al 26%. Questo crea una netta disparità di trattamento fiscale tra chi investe direttamente in criptovalute e chi sceglie prodotti finanziari strutturati. Mentre le banche sostengono questa misura, i rappresentanti del settore crypto la considerano una distorsione fiscale che potrebbe rallentare l’innovazione e portare a un allontanamento di startup e investitori dall’Italia.
Gianluigi Guida, CEO di Binance Italy, ha messo in evidenza che questa nuova normativa rischia di scoraggiare l’ecosistema blockchain nel Paese, spingendo gli investitori verso mercati esteri con condizioni fiscali più competitive. L’impatto potenziale potrebbe essere significativo, compromettendo la crescita dell’economia digitale italiana.